venerdì 13 luglio 2012

DISLESSIA: Lepossibili conseguenze psicologiche e relazionali


 Dal Blog :  Dislessia io ti conosco


VENERDÌ 13 LUGLIO 2012

Dislessia: le possibili conseguenze psicologiche e relazionali



Spesso mi capita di fare presente tramite questo blog di come, a volte, si parli in maniera errata e superficiale di dislessia. Per fortuna, però, esistono delle piacevoli eccezioni e quando ci sono occorre metterle in evidenza. E' il caso degli articoli della dott.ssa Serena Costa (Psicologa), pubblicati sul suo sito web, in cui si parla di cos'è la dislessia, delle diagnosi, della relazione con gli adulti e delle conseguenze emotivo-sociali che il disturbo può comportare. Ritengo interessante analizzare proprio quest'ultimo punto, perciò qui di seguito riporto l'articolo dal titolo"Dislessia: implicazioni socio-emotive" ma, essendo, a mio modo di vedere, un ottimo esempio di comunicazione della dislessia vi consiglio di dare un'occhiata anche a "Dislessia: cos'è, chi e come si fa la diagnosi".


Dislessia: implicazioni socio-emotive

Dopo aver spiegato nel dettaglio nel precedente articolo cos’è la dislessia e come viene effettuata la diagnosi, ora vi voglio parlare un pò meglio delle implicazioni sociali ma soprattutto emotive che questo disturbo specifico può avere su un bambino o ragazzo in età scolare.
La dislessia in una società come la nostra, fortemente permeata dalla presenza della scrittura e della lettura, incide pesantemente sulla vita scolastica e relazionale dello studente. Se proviamo a riflettere, un bambino in età scolare trascorre buona parte della giornata a scuola e una buona parte del tempo rimanente a casa o nei centri educativi per svolgere i compiti scolastici. Immaginate, quindi, che disagio può avere un bambino con un disturbo specifico dell’apprendimento se non adeguatamente riconosciuto e compensato.

Tipiche reazioni comportamentali del bambino dislessico

Il bambino alle prime prese con la dislessia, per un sano meccanismo di difesa personale, tende ad evitare le situazioni che lo mettono in difficoltà e ansia, e quindi nel caso specifico, le situazioni che richiedono una decodifica del testo scritto. E’ probabile, quindi, che il bambino in questione si rifiuti di leggere a voce alta in classe e a casa quando fa i compiti, non legga spontaneamente dei libri per piacere personale,  eviti nel complesso tutte quelle attività che richiedono il processo di lettura e, spesso, anche di scrittura, in particolare sotto dettatura.
La modalità di evitamento può però variare a seconda delle caratteristiche peculiari del bambino.
Alcuni mettono in atto reazioni comportamentali di tipo esplosivo, cioè le reazioni di rifiuto possono essere molto intense fino ad arrivare anche a livelli importanti di aggressività. Spesso sono bambini che effettuano lotte furibonde con i genitori per non fare i compiti, cercando di passare il maggior tempo possibile in altre attività in cui si sentono capaci e forti.
Altri bambini, invece, possono manifestare reazioni comportamentali più di tipo implosivo, cioè rivolte verso di Sé; alcuni, quando si tratta di andare a scuola o fare i compiti, lamentano disturbi somatici, quali mal di testa, mal di pancia, nausea, ecc; altri si colpevolizzano in continuazione per le proprie incapacità tanto da sviluppare anche sintomi depressivi.

Frequenti reazioni degli adulti (insegnanti/genitori)

Spesso gli adulti, insegnanti o genitori, attribuiscono erroneamente i comportamenti di evitamento della lettura a svogliatezza e a scarso impegno. Gli errori vengono, pertanto, definiti come “distrazione”, “sbadataggine”, “poca voglia di impegnarsi” e l’atteggiamento verso il figlio o alunno diventa, di conseguenza, di frequente rimprovero.
Gli adulti che non comprendono la natura del disturbo, rischiano proprio di diventare dei veri e propri aguzzini: richiedono un maggiore esercizio nella lettura con l’intento di recuperare le lacune, si sorprendono per la prestazione scorretta dopo l’ennesimo esercizio o spiegazione, fanno sentire in colpa il bambino per la poca applicazione, ecc, incrementando sempre di più il divario tra le potenzialità del ragazzo e i suoi risultati positivi.
Gli adulti che, invece, colgono da subito le difficoltà specifiche e riconoscono la necessità di un approfondimento, si confrontano con gli insegnanti e iniziano ad attivare i servizi specialistici il prima possibile.

Conseguenze socio-emotive per l’alunno dislessico

L’incontro con la lettura che avviene con l’ingresso alla scuola primaria, coincide con il manifestarsi di problematiche emotive nel bambino dislessico.
La difficoltà a decodificare il testo scritto porta lo studente ad avere frequenti insuccessi a scuola. Come precedentemente anticipato, infatti, a scuola i saperi si veicolano in gran parte attraverso i libri di testo, richiedendo la lettura di testi scritti.
Questo susseguirsi di risultati negativi, condito con frequenti rimproveri, è psicologicamente devastante: lo studente si percepisce inadeguato ad affrontare il mondo, si sente non bravo come gli altri, più svogliato, più rinunciatario, in ultima analisi si percepisce inferiore ai compagni. Questa situazione lo porta a sentirsi colpevole, poco amato dagli altri, a volte compatito perché “poveretto non ce la fa”, “se non è capace non è colpa sua”, “è nato così”, “è un po’ handicappato”, “non ha voglia di fare niente”, “chissà cosa diventerà da grande”. Tali aspettative negative nei suoi confronti minano la sua autostima e la sua visione del mondo e causano ansia da prestazione, atteggiamenti rinunciatari e perdita di fiducia in Sé, tutti ingredienti “nemici” ad un sano e positivo rapporto  con se stesso e con lo studio. Nei casi più gravi i ragazzi finiscono per abbandonare lo studio a causa di queste credenze scorrette rispetto alle proprie capacità.

Con la diagnosi si pone fine alle difficoltà emotive e sociali?

Il conseguimento di una diagnosi rappresenta un passo di grande importanza sia per il bambino, sia per la famiglia, sia per la scuola.
Il bambino comprende che le sue difficoltà non derivano da una sua mancanza di intelligenza, bensì da una particolare conformazione del suo sistema neuro-cerebrale per cui è sufficiente adottare gli strumenti idonei per superare il problema (un pò come gli occhiali per un bambino miope); anche la famiglia  ne trova giovamento perché conoscendo il problema può finalmente avvicinarsi al figlio per offrire il sostegno e l’aiuto di cui ha bisogno; per la scuola la diagnosi diventa fondamentale per poter attivare gli opportuni interventi previsti anche dalla nuova normativa, la legge nazionale n.170 del 2010. Gli interventi previsti possono essere di tipo compensativo e di tipo dispensativo. Gli interventi compensativi sono strumenti offerti al bambino a sostegno della difficoltà, quali ad esempio programmi software per la sintesi vocale, cioè programmi informatici che leggono testi al computer al posto del bambino; gli interventi dispensativi sono, invece, quegli interventi che prevedono un’eliminazione di alcuni strumenti utilizzati solitamente nella didattica, quali ad esempio la lettura a voce alta in classe o la scrittura sotto dettatura. Approfondirò in un prossimo articolo l’argomento.
Il conseguimento della diagnosi, però, non risolve tutti i problemi del bambino dislessico, della sua famiglia e degli insegnanti.
La diagnosi, sebbene porti ad una risoluzione di una grande parte delle difficoltà emotive e sociali del bambino legate ad una mancanza di riconoscimento delle sue difficoltà, porta inevitabilmente a confrontarsi con il dolore legato alla diversità. Molti bambini vivono con molta difficoltà l’essere trattato diversamente dall’insegnante e il dover ricorrere a strumenti diversi rispetto ai compagni, soprattutto nella fascia di età della pre-adolescenza/adolescenza. Sta, quindi, nell’adulto saper cogliere e gestire con competenza tale processo.

Conclusioni

Sia un mancato riconoscimento della dislessia, sia la sua diagnosi, porta con sé specifiche ripercussioni emotive, relazionali e sociali.
E’ bene, quindi, non sottovalutare eventuali difficoltà nella lettura che si riscontrano nei primi anni della scuola primaria, né sottovalutare l’impatto che la diagnosi di dislessia può avere sul bambino dislessico.
Come qualsiasi altra problematica riscontrabile nei bambini, uno sguardo adulto attento, accogliente e consapevole rappresenta un fondamentale strumento, unito ad interventi specifici, per ridurre eventuali disagi emotivi-relazionali conseguenti a deficit di natura organica.
Dott.ssa Serena Costa

Bibliografia

STELLA G. (2004). La dislessia. Il Mulino, Bologna
VENDER M.(2005). Aspetti clinici e socio-relazionali della dislessia – Elaborato finale di Tesi


giovedì 21 giugno 2012

Salute: dislessia, accertata la natura genetica


Salute: dislessia, accertata la natura genetica

21 Giugno 2012 - 20:23


(ASCA) - Roma, 21 giu - E' ormai accertata la natura genetica della difficolta' di lettura, la dislessia. Studi eseguiti su gemelli omozigoti hanno evidenziano un tasso di concordanza del 65%; nel caso di gemelli eterozigoti il tasso di concordanza e' risultato del 35%, confermando una familiarita' del 35-40%.

Se ne e' discusso a Roma in occasione delle XV Giornate Medico Legali, presso l'Ateneo Pontificio Regina Apostolorum.

Le difficolta' correlate alla Dislessia e' stato spiegato, derivano da un deficit nella componente fonologica del linguaggio che e' spesso inattesa in rapporto alle abilita' cognitive e alla garanzia di un'adeguata istruzione scolastica. Le dislessie, rientrano, insieme alla disgrafia, alla disortografia e alla discalculia, nel gruppo delle disabilita' definite DSA (disturbi evolutivi specifici di apprendimento).

La diagnosi si basa essenzialmente su prove comportamentali, fondate su criteri convenzionalmente condivisi dalla Comunita' clinico-scientifica.

La rilevanza dell'argomento e' dovuta alla prevalenza dei DSA (oscillante tra il 2,5% e il 3,5% della popolazione in eta' evolutiva per la lingua italiana) e alle conseguenze che questi disturbi determinano a livello individuale, traducendosi spesso in un abbassamento del livello scolastico conseguito (con frequenti abbandoni nel corso della scuola secondaria di secondo grado) e una conseguente riduzione della realizzazione delle proprie potenzialita' sociali e lavorative.

La finalita' della legge 8 ottobre 2010, n. 170, e' proprio quella di dare la possibilita' ad alunni e studenti, affetti da Disturbi Specifici di Apprendimento (DSA), di raggiungere il successo formativo, assegnando al sistema nazionale di istruzione e agli atenei il compito di individuare le forme didattiche e le modalita' di valutazione piu' adeguate allo scopo.

La Legge sollecita ancora una volta la scuola - nel contesto di flessibilita' e di autonomia avviato dalla legge 59/99 - a porre al centro delle proprie attivita' e della propria cura la persona: ''... strategie educative e didattiche devono sempre tener conto della singolarita' e complessita' di ogni persona, della sua articolata identita', delle sue aspirazioni, capacita' e delle sue fragilita', nelle varie fasi di sviluppo e di formazione''.

red/mpd

domenica 17 giugno 2012

Soddisfazione per il “Virgilio: una guida per il D.S.A.”








Nei locali dell’Istituto di Istruzione Superiore Virgilio di Mussomeli, si sono tenuti i lavori di chiusura dell’ambizioso progetto “Virgilio: una guida per il D.S.A.” coordinato
dalla docente referente per i disturbi specifici dell’apprendimento, prof.ssa Maria Carmela Miceli. Maggiori informazioni qui 
Il progetto, nel rispetto di quanto previsto dalla Legge 170 dell’8 ottobre 2010, ha visto l’I.I.S. Virgilio impegnarsi nella creazione di un polo di sensibilizzazione, formazione, informazione rivolto al territorio sulle problematiche in oggetto.
L’attività si è articolata in diversi momenti nel corso di questo anno scolastico ed ha riscosso l’interesse e la condivisione di molti tra i docenti e gli addetti ai lavori nel settore del territorio.
Ai lavori di chiusura hanno partecipato i docenti del Virgilio e quelli delle scuole del territorio (Mussomeli, Campofranco, Milena); l’incontro ha previsto gli interventi del dott. Marco Maria Leonardi, specialista in tecniche d riabilitazione psicopedagogiche, della dott.ssa Leonarda Ligori, psicologa e el Sig. Francesco Riggi presidente della sezione di Caltanissetta dell’A.I.D. associazione, italiana, dislessia) il quale ha annunciato l’istituzione di uno sportello  A.I.D. presso l’Istituto Virgilio.
Piena soddisfazione espressa dalla Dirigente Scolastica Dott.ssa Calogera Genco che ha concluso i lavori di questo anno scolastico; Ella ha sottolineato il fatto che le Scuole del territorio continuano ad accogliere la sfida
educativa, rispondendo alle sue più urgenti esigenze. Il Dirigente ha concluso auspicando per il prossimo la prosecuzione di quanto già avviato, nella consapevolezza del dovere dell’istituzione scolastica di garantire il diritto allo studio e al successo scolastico di ciascun alunno.

venerdì 8 giugno 2012

Adriana Molin su "la Vita Scolastica"



LA PRIMA STRATEGIA PER IMPARARE: “APPROFITTARE DEL LAVORO IN CLASSE”

15 Maggio 2012

Quando operiamo con bambini con DSA, noi per primi dovremmo avere ben chiaro che la strategia migliore per imparare è proprio essere attivi in classe, partecipare all’attività svolta in classe sotto la supervisione dell’insegnante, un esperto dell’apprendimento. 
valutaresenzastress
Ormai è arcinoto che i bambini con DSA sono potenzialmente in grado di imparare come gli altri, solo che devono farlo in modi diversi dai coetanei. E in effetti, il bambino con disturbo specifico di apprendimento generalmente sviluppa strategie alternative per imparare.
Quelli più strategici approfittano del lavoro svolto in classe essendo per loro troppo onerosa, anche se supportata da mezzi, l’attività di studio svolta a casa. Succede anche a Claudio, un ragazzo con DSA frequentante le superiori, che si ritiene fortunato perché è capitato in una sezione dove gli insegnanti “ascoltano i ragazzi, li lasciano parlare su tutti gli argomenti e poi sì, dicono la loro, ma ti fanno anche ragionare e io, che ho i miei problemi, ne approfitto…”.
Claudio si sente fortunato perché attraverso l’oralità, il suo punto di forza, riesce a elaborare in profondità le conoscenze da apprendere, a organizzarle in classe, mentre a casa si limita a ripassare con l’aiuto di supporti.
Quando operiamo con bambini con DSA, noi per primi dovremmo avere ben chiaro che la strategia migliore per imparare è proprio essere attivi in classe, partecipare all’attività svolta in classe sotto la supervisione dell’insegnante, un esperto dell’apprendimento. Che l’abilità di sfruttare al massimo il tempo scuola per imparare acquisendo strategie funzionali di studio, è riconosciuta da tutti come fondamentale, ma sembra raramente messa in pratica dagli studenti e, forse, poco sollecitata dai docenti.
Per dare maggiore consistenza a questa pratica che sembrerebbe di primo acchito più dettata dal buonsenso che da una base teorica basterebbe leggere un’intervista al prof. David R. Olson, dell'università di Toronto. 
Chi è Adriana Molin :
Sono Adriana Molin, vivo a Padova e, come già alcuni di voi sapranno, sono particolarmente interessata all’apprendimento scolastico, in particolare alle “sfide” che alcuni bambini, per le loro caratteristiche, pongono.



giovedì 24 maggio 2012

VIA DEL CAMPO

Qualche giorno fa, il Liceo Artistico di Rieti A Calcagnadoro hanno organizzato una mostra di opere ispirate alla celebre canzone di De Andrè " Via del campo" e con il contributo del Liceo Classico M.T.Varrone  ne hanno sviscerato il testo, parlando  del disagio ed emarginazione al femminile nella musica, nell'arte,nella letteratura e nella vita quotidiana

questa la locandina dell'evento:

e questi i lavori dei ragazzi frequentanti le classi 2^  A e 2^ B del liceo artistico A. Calcagnadoro di Rieti:











mercoledì 9 maggio 2012

giovedì 3 maggio 2012

Mal di scuola

In giro per il web mi imbatto in questo blog, leggo tutto d'un fiato, e mi piace segnalarVi questo libro, può essere d'aiuto a tante persone.



sabato 24 marzo 2012


Ho mal di scuola!

Questo libro racconta la storia di un rapporto difficile: quello tra un bambino e la
scuola.
Di bambini come lui se ne incontrano in ogni classe: etichettati spesso come pigri,
 ribelli, distratti, poco svegli, dislessici, iperattivi o lazzaroni.
In realtà sono bimbi con una mente che funziona e pensa per immagini all’interno di
un sistema di istruzione basato sulle parole.
La scuola non sempre è preparata a riconoscerli e a capirli.
Questa storia è narrata da una persona che, vivendo accanto ad uno di questi
 bambini, ne ha condiviso per anni sofferenze, umiliazioni e successi: la sua
mamma.



Autore Di Lauro Anna
Dati 2012, 112 p., brossura
Editore Armando Editore  (collana Testimonianze)


PREMESSA

Il mio scritto non vuole essere un atto d’accusa nei confronti della scuola anche se, a dire il vero, ero così
 arrabbiata, frustrata e delusa che  rischiava di diventarlo. Non assomiglia e non è un trattato scientifi co, 
 la mia competenza si ferma all’interesse personale. Mi scuso fi n d’ora  con eventuali ed improbabili lettori per le
 inesattezze e le ingenuità –  tipiche dei non addetti ai lavori – probabilmente presenti.
Chi volesse approfondire le proprie conoscenze sui disturbi specifici dell’apprendimento ha oggi a disposizione 
molti scritti autorevoli. 
Sono solo una mamma “di buona volontà” che ha scelto di sottrarre un po’ di tempo al ferro da stiro e agli 
innumerevoli e abituali impegni: lavoro a turni, casa grande piena di gente che fa rumore, pranzi  e cene da 
preparare, sostegno pomeridiano nei compiti, soprattutto al fi glio affetto dal “mal di scuola”, consulenze 
psicologiche per problemi esistenziali di adolescenti e crisi di mezza età del marito, servizio taxi h24 per corsi di 
piano, allenamenti, spese, corse improvvise al Pronto Soccorso e via dicendo. Chi ha famiglia mi capisce. Perché
 l’ho fatto? 
Me lo chiedo anch’io, è stata una specie di necessità… Forse per trovare un luogo a tutte le domande che mi sono fatta in questi anni, rimaste  senza risposta. Forse per descrivere come si vive un disturbo dell’apprendimento dall’altra 
parte, da quella dei ragazzi e dei loro genitori. 
Tanti esperti che ne hanno parlato lo hanno fatto dalla loro prospettiva. 
Nei loro scritti non possono esserci la nostra sofferenza, il nostro impegno, le nostre fatiche o la frustrazione di
 dover vivere, spesso subire,  la scuola così com’è. Senza poter intervenire attivamente o esprimere  opinioni. 
La nostra esperienza, simile a tante, può far sentire meno sole  le persone che combattono le stesse battaglie,
 vivendo diffi coltà cariche  di ansie analoghe. Volevo regalare un gesto d’amore a tanti bambini e ragazzi, 
intelligenti e sensibili, che sembrano sempre peggiori di come  sono in realtà. Spesso discriminati all’interno della
 scuola, considerati  comunque pigri e negligenti, disordinati e poco organizzati, che scrivono male, leggono 
stentatamente, si distraggono e non si impegnano  abbastanza. Spesso hanno rapporti poco felici con i compagni,
 sono  incostanti, poco autonomi e, soprattutto, non rispettano mai i tempi.
Uno di questi è il mio, tipico esempio di mancanza totale delle belle  virtù tradizionalmente attribuite allo studente
 modello. Ha portato faticosamente il peso della sofferenza e del disagio del proprio insuccesso  scolastico.
 Un altro è suo padre, mai ascoltato da nessuno. Ha dovuto  lottare completamente solo con i suoi fantasmi. È
 stato tre volte in prima elementare. Uno di questi anni l’ha passato in un angolino della  classe, in castigo, sotto 
un cartello con la scritta Villa Ron-Ron. Cercava di rendersi invisibile, stando zitto ed immobile, ma il maestro
 pensava dormisse con gli occhi aperti. In ultimo, volevo anche scrivere di una  speranza. Mi è nata dopo aver 
vagabondato in rete cercando risposte  che altrove non trovavo. Molti studi hanno ipotizzato altre spiegazioni  per 
queste diffi coltà, altre teorie che allargano il cuore e trasmettono la  consapevolezza che, in un futuro non lontano, questi ragazzi, che già negli Stati Uniti chiamano Liberi pensatori multidimensionali, riusciranno ad esprimere la propria 
ricchezza anche all’interno dell’istituzione scolastica, finalmente compresi.

domenica 22 aprile 2012

PERICOLO RED BULL


Solo per caso ho trovato questo articolo, ma credo che ci sia tanta verità in quello che contiene. Se potete evitate di bere e dissuadete se conoscete qualcuno che lo fa.




Red Bull ti mette le ali?  Sarà vero?  Oppure....
E' questo il continuo messaggio martellante che ci offre lo spot di questa bevanda;
E' in vendita in tutti i supermercati del nostro paese.
I nostri figli e amici, quando vogliono, la possono provare.. e può essere mortale.

Red Bull fu creata per stimolare il cervello in persone sottoposte a un grande
sforzo fisico e non per essere consumata come bevanda innocente o rinfrescante.

Red Bull è la bevanda che si commercializza a livello mondiale con il suo slogan:
Aumenta la resistenza fisica, facilita la capacita di concentrazione e la velocità
di reazione, da più energia e migliora lo stato d'animo.

Tutto questo lo puoi trovare in una lattina di Red Bull, la bevanda energizzante
del millennio (secondo i suoi proprietari)

Red Bull è riuscita ad arrivare in quasi 100 paesi di tutto il mondo. La marca del
Toro Rosso, ha come principali consumatori i giovani e gli sportivi, (vedi team Formula 1 per esempio) che la usano
per gli stimoli che produce.

STORIA:
Questa bevanda fu creata da Dietrich Mteschitz, un imprenditore di origini
austriache che la scoprì per caso in un viaggio ad Hong Kong, quando lavorava per
un impresa che fabbricava spazzolini da denti.

Il liquido basato su una formula che contiene caffeina e taurina, faceva furore in
questo paese; quindi pensò al successo che questa bevanda avrebbe avuto in Europa,
dove tuttavia non esisteva, e in più vide un opportunità di diventare imprenditore.

PERO' LA VERITA' SU QUESTA BEVANDA E' UN ALTRA!!

In Francia e Danimarca l'hanno appena proibita per essere un cocktail di morte, (fonte  EE5610 de la Bibliothèque Nationale de France), dovuto ai suoi componenti di vitamine mischiate a GLUCURONOLACTONE, agente chimico
altamente pericoloso, sviluppato dal Dipartimento di Difesa degli Stati Uniti,
durante gli anni 60 per stimolare il morale delle truppe mandate in VIETNAM, il
quale era come una droga allucinogena che calmava lo stress della guerra. Però i
suoi effetti nell'organismo furono devastanti, e fu causa di tante emicranie,
tumori celebrali e malattie del fegato che colpirono i soldati che lo consumarono.

E oltre a ciò, nella lattina di Red Bull si leggono i suoi componenti:
GLUCURONALACTONE, catalogato come stimolante. Però quello che NON DICE la lattina
di Red Bull, sono le conseguenze della sua assunzione, che obbligherebbero a
aggiungere una serie di GRAVI AVVERTENZE:

1. E pericoloso berlo se poi non si fa esercizio fisico, visto che la sua funzione
energizzante accelera il ritmo cardiaco e può causare INFARTO FULMINANTE.

2. Può causare EMORRAGIE CEREBRALI, dovute al fatto che Red Bull contiene
componenti che diluiscono il sangue per far si che il cuore lo pompi più
velocemente, e così poter far uno sforzo fisico con meno fatica.

3. E' proibito mischiare la Red Bull con alcolici, perche il risultato è una 'bomba
mortale' che ATTACCA DIRETTAMENTE IL FEGATO, facendo si che la zona colpita non si
rigeneri mai più.

4. Uno dei componenti principali di Red Bull è la vitamina B12, utilizzata in
medicina per recuperare pazienti che si trovano in coma etilico (coma causato dal
consumo di alcool); e per lo stato di eccitazione che si prova dopo averla bevuta,
come se fossi ubriaco, senza aver bevuto nessuna bevanda alcoolica.

5. Il consumo regolare di Red Bull provoca la comparsa possibile di una serie di
malattie nervose e neurologiche irreversibili (non esiste recupero!)

Se leggeste queste indicazioni sulla lattina di una bevanda la berreste mai????

CONCLUSIONE: E' una bevanda che dovrebbe essere proibita nel mondo intero.



Venezuela, Repubblica Dominicana, Puerto Rico e altri paesi dei Caraibi, già stanno
allertando le altre nazioni, soprattutto perchè il miscuglio di questa bevanda con
alcool è una bomba per il corpo umano, principalmente per gli adolescenti ma anche
per adulti.

Questa bevanda si vende nei supermercati e nei negozi del nostro paese quindi non
bevetela e dissuadete gli altri dal berla specialmente i bambini... può essere
MORTALE!!!!

SPARGI LA VOCE soprattutto a chi ha bambini!!!

- Fabrizio Ricotti per Ezio Foderà 

Fabrizio Ricotti
Ingegneria di Prodotto e Processo
Selta S.p.a.
Via Emilia , 231
29010 Cadeo (PIACENZA) .

Grazie per il vostro Tempo.